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La pianura dei sette fratelli (Gang)

E terra, e acqua, e vento
Non c’era tempo per la paura,
Nati sotto la stella,
Quella più bella della pianura.

Avevano una falce
E mani grandi da contadini,
E prima di dormire
Un padrenostro, come da bambini.

Sette figlioli, sette,
di pane e miele, a chi li do?
Sette come le note,
Una canzone gli canterò.

E pioggia, e neve e gelo
e vola il fuoco insieme al vino,
e vanno via i pensieri
insieme al fumo su per il camino.

Avevano un granaio
e il passo a tempo di chi sa ballare,
di chi per la vita
prende il suo amore, e lo sa portare.

Sette fratelli, sette,
di pane e miele, a chi li do?
Non li darò alla guerra,
all’uomo nero non li darò.

Nuvola, lampo e tuono,
non c’è perdono per quella notte
che gli squadristi vennero
e via li portarono coi calci e le botte.

Avevano un saluto
e, degli abbracci, quello più forte,
avevano lo sguardo,
quello di chi va incontro alla sorte.

Sette figlioli, sette,
sette fratelli, a chi li do?
Ci disse la pianura:
Questi miei figli mai li scorderò.

Sette uomini, sette,
sette ferite e sette solchi.
Ci disse la pianura:
I figli di Alcide non sono mai morti.

E in quella pianura
Da Valle Re ai Campi Rossi
noi ci passammo un giorno
e in mezzo alla nebbia
ci scoprimmo commossi.



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