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a che serve il canto popolare

 

A cosa serve il canto popolare?*

Serve a cantare la storia delle piccole gesta, delle controgesta, della quotidianità.
Serve a creare convivialità, a godere della vita!
Serve a recuperare, conoscere, difendere, diffondere la memoria storica e le fonti orali.
Serve perché ha dato voce a chi non aveva potere.
Serve a tenere traccia viva
dell’esistenza dei più deboli.
Serve a cantare: a fare musica, non solo a fruirla. Una musica altra, rispetto a quella di mercato.
Serve a resistere, resistere, resistere.
Serve perché la cultura non è solo “colta”.
Serve a stare bene, come dopo una bella passeggiata, nell’appartenenza a un gruppo e a una storia.
Serve a leggere la realtà in modo più critico.
Serve a protestare, a sentirsi liberi, a elaborare le proprie tensioni ideali in una dimensione collettiva.
Serve a emozionare chi canta e – a volte – chi ascolta.
Serve a capire cosa resta e cosa si perde nella storia “ufficiale” e a scoprire che spesso le storie ritornano.
Serve se è diretto, anche oggi, a chi non sa di avere voce.
Serve a capire come le capacità di ognuno potenzino quelle degli altri con un risultato nuovo e unico.
Serve a esprimersi e si burla della censura
Serve a non perdere l’abitudine di condividere idee e valori che ci appartengono.

Se ieri era condivisione oggi spesso è trasmissione. Ma riusciremo a far sì che non sia solo racconto del passato?

*la domanda era il titolo della festa 2011 della Lega di cultura di Piadena; le risposte sono il frutto della riflessione collettiva delle Voci di mezzo

 



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